Come personalizzo il mio abbigliamento?

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULLA PERSONALIZZAZIONE E NESSUNO VI HA MAI DETTO

Come promesso (o forse è meglio dire minacciato) nell’articolo che parlava della dura vita dello stampatore, è arrivata l’ora tanto temuta: parliamo di tecnica.

Ovviamente senza esagerare, non vorrei spaventarvi troppo con i concetti più terribili: fase del crochet, tipi di fliselina, vettorializzazione dei disegni, migrazione del colore… ci terrei ad avervi vispi e arzilli fino alla fine.

Magari mi accontento di svegli.

Anche perché il mio scopo non è formare dei nuovi tecnici, ma semplicemente spiegare i concetti base in modo da farvi diventare ‘quasi esperti’ e che non mi chiediate più cose impossibili!

Quindi lo fate per me.

E allora, miei coraggiosi amici, riserva di panini, un bricco di caffè e partiamo!

La stampa serigrafica

Numericamente parlando è di gran lunga il sistema di decoro più diffuso nel mondo dell’abbigliamento personalizzato. Ad una relativa semplicità unisce una capacità produttiva impressionante – almeno per il settore: una giostra (nome della macchina che stampa più colori) automatica può stampare centinaia e centinaia di pezzi all’ora, anche a più colori e indifferentemente su base bianca e colorata.

Praticamente tutte le T.shirt che trovate stampate nei vari negozi di abbigliamento sono realizzate così.

Come funziona?

La base di partenza sono i telai: dimentichiamoci della stampa digitale, nella serigrafia ogni colore va stampato a se stante; quindi se il mio logo è blu, verde e rosso dovrò preparare 3 differenti telai e stamparli in sequenza. Prima annotazione pratica: più colori = più costi.

Un’altra particolarità: i colori non sono del tutto coprenti, quindi mentre sul bianco non ho grossi problemi di brillantezza, sul colorato rischio di vedere i miei colori smorti e impastati: da qui la necessità, lavorando su basi colorate, di fare o una base bianca che faccia da sottofondo, o più passate dello stesso colore.

È il motivo per cui stampare su bianco è meno costoso che stampare su colorato.

Il telaio è null’altro che una cornice rettangolare di legno o alluminio su cui è messo in tensione un tessuto, che viene poi lavorato in modo da lasciare libera solo la porzione dove dovrà passare il colore.

Esistono diverse finezze di tessuto, dalle più rade che permettono il deposito di molto colore a quelle più fini per i piccoli dettagli o i lavori più curati.

Parlando di noi, per i telai usiamo un nuovissimo sistema di incisione digitale, rapido, preciso e che evita il disperdersi di prodotti inquinanti come le vecchie acque di lavaggio. Innovazione, risparmio e ambiente!

Non mi dilungherei sulle macchine, il funzionamento grossomodo è uguale per tutte; forse l’unica differenza con una rilevanza pratica è quella tra le piccole manuali, adatte alle partite medio/piccole, e le automatiche, grandi macchine adatte ai migliaia di pezzi. L’una più veloce da preparare e versatile, l’altra più complessa da avviare ma divoratrice di produzioni. Il che ci riporta ad un concetto banale ma che non tutti hanno a mente: nella stampa serigrafica i pochi pezzi costano molto di più dei grandi quantitativi.

Prima regola della serigrafia: non è importante tanto la dimensione della stampa, quanto il numero dei colori legato al numero dei capi da stampare.

Altro punto di forza sono i colori: ormai le possibilità sono infinite: metallizzati, fluorescenti, rigonfianti, corrosivi, base acqua ecc. ecc.

Se ben usati possono dare risultati veramente spettacolari – ricordate però che tutto nasce sempre da una grafica ‘a misura’ di abbigliamento (no, i professionisti del volantino non vanno bene) – ma anche qui possiamo esservi d’aiuto!

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Il ricamo

Il ‘gemello’ della serigrafia è il ricamo: i due pilastri dell’abbigliamento personalizzato.

Sistema antichissimo, si è evoluto nel tempo passando dai punti a mano alle macchine da ricamo, prima manuali poi automatiche; le moderne macchine multitesta sono bestioni lunghi 6 / 7 metri.

Punto di partenza: i programmi. Un ricamo non è altro che una sfilza di coordinate che dicono alla macchina dove affondare l’ago. Sequenze che vanno dalle poche centinaia alle centinaia di migliaia di punti. Più è grande il disegno maggiore sarà il numero di punti necessari. Durante la mia carriera di ‘punchatore’ (l’addetto ai programmi da ricamo) ho personalmente preparato un paio di programmi da 750-800.000 punti!

Il che ci riporta alla prima regola del ricamo: non è tanto importante il numero dei colori quanto la grandezza del disegno da riprodurre.

La macchina fissa un certo numero di punti al minuto, più ne servono per completare il ricamo più tempo ci vuole per eseguirlo. Maggiore dimensione = maggiore costo.

Nella preparazione dei programmi l’esperienza è davvero fondamentale: il ricamo, essendo un’azione meccanica risente della varietà di tessuti su cui viene applicato. Stesso programma, tessuti diversi = risultato diverso.

Anche qui nessuna spiegazione su come funzionano le macchine – se volete intraprendere la carriera di tecnico questo non è il blog giusto – ma un paio di indicazioni pratiche:

  • Esistono macchina a una testa (generalmente si usano per i campioni) o a molte teste – 4, 6, 8, 10 etc.
    La ‘testa’ è semplicemente il meccanismo che ricama – quindi, per esempio una macchina a 6 teste produrrà 6 ricami contemporaneamente, una 8 teste 8 ricami etc. Come per la stampa macchine più grandi sono più produttive (e se siete stati attenti avrete capito che con ricami lunghi il vantaggio è ancora maggiore), le piccole suppliscono con la rapidità di preparazione.
  • Alcune macchine sono specializzate in lavori particolari che si possono fare solo li – ad esempio i cappellini o i ricami grandi che necessitano di molto spazio.

Avere più macchine quindi agevola parecchio il lavoro, in velocità e in possibilità realizzativa.

Perché anche il ricamo continua ad evolversi: filati speciali, metallizzati, lane, punti speciali; un mondo a parte sono i ricami con parti applicate, in panno, in tessuto, in similpelle.

Per dare veramente il massimo bisogna saper padroneggiare tutte le tecniche e avere un parco macchine diversificato. Solo così si possono unire qualità, innovazione e un prezzo sempre adeguato.

Come succede nel nostro laboratorio…

Un esempio pratico di ricamo ben riuscito (e cliente soddisfatto)?

La linea d’abbigliamento realizzata per Synergie Italia

Una linea di articoli di alta qualità destinata ai clienti in occasione di un’iniziativa di carattere ambientale.

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La stampa digitale

Sotto questa dicitura generica si raggruppano tecniche diverse, ma al momento alquanto limitate nei numeri.

La più promettente è senza dubbio la stampa digitale diretta; una grossa stampante che passa direttamente sul capo fissando il disegno.

I vantaggi sono evidenti: partendo da un’immagine digitale non ho bisogno di telai, e posso stampare tutti i colori che voglio anche su di un singolo capo. Anche il dettaglio è notevole, e la mano è sicuramente morbida.

Quello che i possessori di stampanti dirette dimenticano di dire è che i colori non sono ancora brillanti; che la resa da base bianca a base colorata cambia parecchio, e stampare su fondi scuri costa tantissimo. Anche la tenuta ai lavaggi, pur migliorata, non è ancora il massimo.

La verità: è un’ottimo sistema per le magliette bianche, i campioni e le piccole produzioni.

I venditori strillano che è la tecnologia del futuro, e almeno su quello hanno ragione: sul futuro.

Al momento i numeri sono impietosi: per ogni capo stampato in questa maniera vengono realizzati decine o centinaio di capi in serigrafia. Prima che l’una soppianti l’altra temo passi del tempo; o più probabilmente andremo a una pacifica coesistenza, ognuna con i suoi punti di forza.

La stampa diretta ha invece quasi del tutto soppiantato la prima vera stampa digitale: il transfer.

Si stampava il disegno su di una carta speciale e lo applicava mediante una pressa termica. Ma il risultato molte volte era francamente imbarazzante. Rigidità, un aspetto colloso e scarsissima tenuta ai lavaggi.

Giusto per applicare la foto dei figli sulle T.shirt.

Nuovi sistemi e nuovi materiali lo stanno riproponendo in una chiave più moderna, ma anche qui l’uso è decisamente limitato.

Un suo angolino di territorio continua invece a difenderlo egregiamente il termotrasferibile. Si tratta di una sottile pellicola in PVC che viene tagliata, spellicolata e applicata a caldo. La genialità sta nella sua semplicità: facile da fare, semplice da gestire, fondamentalmente ad un colore per volta, il termotrasferibile è il re indiscusso di nomi e numeri sulle magliette.

Per chiudere quella che avrebbe dovuto essere una breve (sic!) esposizione, un accenno alla stampa sublimatica. In realtà una stampa usatissima, ma quasi in un solo ambito: lo sportivo.

Si tratta infatti di trasferire il colore per sublimazione, cioè il passaggio da stato solido a stato gassoso e da li di nuovo a stato solido senza passare dallo stato liquido. Questo permette una grandissima penetrazione dei colori nel tessuto, rendendo i disegni veramente indelebili; ed essendo in partenza una stampa digitale anche dettagliata e senza il problema di gestire i colori. Purtroppo con due limitazioni, entrambe pesanti: funziona solo su tessuti in poliestere (o almeno con grandi quantità di poliestere) e per avere colori fedeli si deve partire sempre da una base bianca

Queste due particolarità mettono la stampa sublimatica fuori gioco da quasi tutto l’abbigliamento tradizionale / aziendale.

Un esempio pratico stampa sublimatica?

I grembiuli Promotivi

Un elegante accessorio da regalare come omaggio ai propri clienti.

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E con questo metterei fine alla dissertazione, anche troppo lunga. Chiedendo scusa a tecnici e puristi per semplificazioni e approssimazioni. Ma questo articolo non è per loro, è per voi amici imprenditori…

A proposito, siete svegli?

Vuoi la migliore personalizzazione per i tuo abbigliamento aziendale / da lavoro?
O preferisci restare indietro, sorpassato dai tuoi concorrenti, magari meno bravi ma più attenti a che immagine dare?

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