Cotone si, ma biologico è meglio!

Rimasto confinato per molti anni come prodotto di nicchia per ricchi eccentrici, il cotone biologico si sta negli ultimi tempi affermando come prima scelta in un contesto sempre più attento al concetto di ecosostenibilità.
Ma cosa si intende esattamente per cotone biologico? E quali sono i vantaggi rispetto al cotone tradizionale? Scopriamolo insieme.

Il cotone biologico non è sicuramente una invenzione degli ultimi anni. Anche nel settore dell’abbigliamento aziendale infatti capi in cotone bio sono presenti da molti anni.

La scarsa scelta e i costi estremamente elevati, uniti a una attenzione marginale verso le tematiche ambientali, hanno però sempre penalizzato questi prodotti, relegandoli a scelte di nicchia per ricchi eccentrici.

La sempre maggiore centralità del concetto di ecosostenibilità, unita all’importanza che l’attenzione verso il green riveste per l’immagine (e quindi il marketing) delle aziende, sta però facendo prepotentemente emergere negli ultimi anni la richiesta di capi certificati biologici, anche nel contesto dell’abbigliamento aziendale.

Ma cosa intendiamo esattamente per cotone biologico?

Il cotone è ovviamente di per sé un prodotto naturale; la sua coltivazione su larga scala richiede però lo sfruttamento intensivo di grandi quantità d’acqua, così come l’uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi.

Anche l’aspetto sociale non è trascurabile: coltivato prevalentemente in aree in via di sviluppo, sovente alla sua produzione sono legati l’uso di manodopera sottopagata e senza alcuna tutela sociale o sanitaria.

E la successiva lavorazione risente degli stessi problemi, da un consumo spropositato di acqua al rilascio nell’ambiente di sostanze chimiche e tossiche.

Come per ogni altra coltivazione, per cotone biologico si intende quindi quel cotone prodotto e lavorato secondo le regole (e le rigide norme) dell’agricoltura biologica.

Ovviamente non basta sostenere che il proprio cotone sia biologico per renderlo tale; per essere definito – e venduto – come bio un capo in cotone biologico deve possedere tutta una serie di certificazioni che lo attestino come tale.

Tra le più diffuse troviamo l’OEKO-TEX Standard 100, un sistema di controllo e certificazione indipendente e uniforme a livello internazionale, i cui controlli partono dalla produzione delle materie prime per poi seguire ogni fase della produzione.

Un capo che riporti tale certificazione quindi è stato realizzato con cotone coltivato e lavorato senza l’uso di pesticidi, diserbanti, fertilizzanti e ogni altra sostanza tossica nociva per l’ambiente e la salute.

Inoltre, tutti gli step della produzione e della lavorazione del cotone hanno dovuto rispettare precisi parametri etici, senza che vi possa essere stato in alcun modo sfruttamento dei lavoratori coinvolti.

Per garantire la tutela del consumatore e assicurare che il capo che stia acquistando abbia effettivamente rispettato queste norme, ogni etichetta OEKO-TEX ha un numero di serie e porta il nome dell’istituto che ha effettuato i test di laboratorio per la qualificazione dello standard.

Insomma, acquistando un capo in cotone bio siamo sicuri di fare un acquisto green, perché il nostro capo è rigidamente certificato come tale.

Un esempio di polo in cotone biologico?

I capi realizzati per Falken

Morbide al tatto, eleganti e moderne nella vestibilità, sono il capo ideale da omaggiare a dipendenti a collaboratori.

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Ma quale è effettivamente l’impatto ambientale del cotone biologico? Diamo qualche numero.

Al di là delle belle parole, nel momento in cui decidiamo di fare una scelta green – sia essa per una convinzione profonda o per una questione di immagine del nostro brand – ciò che conta è l’effettivo impatto che questa ha sull’ambiente.

In questo caso possiamo aiutarci con dei numeri: la coltivazione di cotone tradizionale occupa il 2,5% di tutte le superfici coltivate della terra.
Di questo cotone, il 94% è geneticamente modificato, e nel complesso la sua coltivazione è responsabile dell’impiego del 16% dei pesticidi utilizzati sulla terra.

Di questi pesticidi, 8/10 sono classificati come ESTREMAMENTE PERICOLOSI, e l’80% di esso è certificato che sia cancerogeno.

Inoltre, la produzione di 2kg di cotone – quantitativo necessario per produrre un paio di jeans – richiede l’impiego di circa 10.000 litri d’acqua.

Al contrario il cotone biologico – la cui coltivazione oggi è nel complesso solo l’1% della coltivazione totale di cotone – non fa uso né di pesticidi sintetici (0%) né di sostanze chimiche biologiche (0%). Inoltre tale cotone non è geneticamente modificato, e la sua coltivazione riduce fino al 94% le emissioni di gas e fino al 98% l’inquinamento delle acque rispetto alla coltivazione di analoghe quantità di cotone “tradizionale”.

Questo senza considerare gli aspetti etici e sociali della sua produzione.

C’è poi un ultimo fattore da tenere presente: il cotone biologico è più morbido e traspirante. La maggior cura nella lavorazione rende infatti le fibre tessili meno stressate e più resistenti, con vantaggi qualitativi che possono essere facilmente “toccati con mano” dal consumatore finale.

Il mio capo è biologico.. ma la personalizzazione?

Parlando di abbigliamento personalizzato, c’è un ultimo fattore da tenere presente: la personalizzazione, appunto.

Anche la stampa e il ricamo hanno infatti dei loro processi produttivi che impattano sull’ambiente. Acquistare un capo con rigide certificazioni green, e poi farlo stampare con processi chimici assolutamente non rispettosi dei minimi requisiti ambientali, vanifica sicuramente la nostra ecologica.

Ciò che è fondamentale è quindi scegliere un fornitore che abbia la nostra stessa attenzione per il green; in questo senso, noi possiamo offirti una consulenza per trovare il metodo di personalizzazione dei tuoi capi con il minor impatto ambientale.

Solo in questo modo infatti potremo fare una scelta veramente green, sostenendo l’ambiente e dando un valore aggiunto alla nostra immagine.

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